Il cenacolo della nostra famiglia
È un momento per incontrarsi insieme, per leggere attentamente la realtà che viviamo con uno sguardo positivo, a partire da ciò che lo Spirito già opera; non solo da un punto di vista di ciò che manca, dei problemi, ma nello sforzo di mettere a fuoco i bisogni e le aspettative profonde della gente. Una vera “riunione di famiglia” dove mettere insieme le nostre esperienze e fare scelte opportune.
I Vangeli descrivono gli atit decisivi della vicenda di Gesù morto e risorto ambientandoli nel Cenacolo a Gerusalemme: l’ultima cena, l’incontro a porte chiuse del Risorto la sera di Pasqua, la permanenza con Maria in attesa dello Spirito Santo a Pentecoste, l’uscita dei discepoli resi apostoli verso le strade di Gerusalemme e del mondo. Ancora oggi lì dove una comunità si raduna nel nome del Signore incontra il Signore Risorto, riceve il dono dello Spirito, e si apre al dono missionario.
A differenza della Consulta ministeriale, il Cenacolo non è costituito da un numero fisso di persone, individuate e segnalate, ma è un incontro aperto. Ciascuno può partecipare, senza aspettare un invito formale. Ci auguriamo che anche in
futuro ci siano altre occasioni come queste, per trovare il giusto equilibrio tra
la vita delle nostre parrocchie e il cammino di Unità Pastorale.
Ore 18.30 - S. Messa comunitaria
Ore 19.00 - Cena fraterna, porta e condividi
Ore 20.30 - Momento di gruppo in ascolto della Parola della Domenica (tempo di preghiera) e in ascolto della vita (tempo di dialogo).
A quel Cenacolo desideriamo ispirare il nuovo passo: inviamo i
membri di ciascuna delle nostre comunità parrocchiali ad un tempo di incontro, nel dialogo e nella condivisione del nostro cammino.
Organizziamo una serata in ciascuna delle nostre parrocchie.
Il racconto di ciascuna serata confluirà nell’incontro della Consulta, per trovare insieme la via del cammino da percorrere.
A differenza della Consulta ministeriale, il Cenacolo non è costituito da un numero fisso di persone, individuate e segnalate, ma è un incontro aperto. Ciascuno può partecipare, senza aspettare un invito formale. Ci auguriamo che anche in
futuro ci siano altre occasioni come queste, per trovare il giusto equilibrio tra
la vita delle nostre parrocchie e il cammino di Unità Pastorale.
Ore 18.30 - S. Messa comunitaria
Ore 19.00 - Cena fraterna, porta e condividi
Ore 20.30 - Momento di gruppo in ascolto della Parola della Domenica (tempo di preghiera) e in ascolto della vita (tempo di dialogo).
- Si può partecipare liberamente senza necessariamente appartenere a qualche gruppo parrocchiale o svolgere qualche servizio.
- Si può partecipare anche solo al momento di gruppo (dalle 20.30), anche se è preferibile vivere insieme tutta la proposta.
- Chi intende partecipare alla cena è pregato di confermare entro la domenica precedente: alle porte della chiesa, dopo le Messe, ci sono delle persone incaricate che raccolgono le adesioni.
È un momento nel quale condividere la nostra fede nella preghiera, invocando lo Spirito e mettendoci alla scuola del Signore. È il momento in cui mettere a frutto il Consiglio, uno dei doni dello Spirito Santo; è il luogo in cui i fedeli esercitano il loro diritto-dovere di esprimersi a vicenda il loro parere circa il bene dell’intera comunità parrocchiale.
A Sant'Ambrogio, il 29 novembre 2023
A Domegliara, il 14 novembre 2023
A Monte, il 17 gennaio 2024
A Gargagnago, il 7 novembre 2023
A Volargne, il 22 novembre 2023
A Ponton, il 24 gennaio 2024
A San Giorgio, il 31 gennaio 2024
A Ceraino, il 9 gennaio 2024
A Domegliara, il 14 novembre 2023
A Monte, il 17 gennaio 2024
A Gargagnago, il 7 novembre 2023
A Volargne, il 22 novembre 2023
A Ponton, il 24 gennaio 2024
A San Giorgio, il 31 gennaio 2024
A Ceraino, il 9 gennaio 2024
In ciascuna di queste serate sono invitate in particolare le persone che vivono in quella parrocchia e quelle che la frequentano abitualmente.
Da qualche anno la nostra Diocesi sta vivendo un percorso di trasformazione: sotto la guida del Vescovo Zenti, tutte le parrocchie sono state chiamate, ciascuna con il proprio ritmo, a iniziare a camminare insieme. Nel giugno 2017 il Vescovo aveva offerto a tutta la Diocesi una riflessione e un orientamento, avviando il “Cantiere delle Unità Pastorali”. Si è rivolto ai presenti con queste parole: «I tempi sono maturi! E non possiamo permetterci ulteriori ritardi. Noi proveniamo da una secolare esperienza di “sistema parrocchia”, che non solo ha retto con efficacia, ma si è pure rivelato come ambito adeguato di formazione cristiana di massa, disseminando persino tanti virgulti di vera santità. Il sistema parrocchia era imperniato sulla figura centrale del parroco. In certi periodi della storia della nostra diocesi c’era sovrabbondanza di preti. Non vi era ampio spazio per i laici in parrocchia, se non come opera di manovalanza, cioè di aiuto ai preti. Le attività tipicamente pastorali erano in gran parte assunte direttamente dai preti stessi.
Proveniamo dunque da una storia ancestrale che ci ha fatto guardare con riverenza al singolo campanile, icona di un’area sacra ben delineata quali erano le parrocchie. Il parroco era, ed era considerato, padre e padrone della sua parrocchia. Da sei-sette anni, di fronte ai travolgenti cambiamenti culturali, anche la nostra Diocesi si è trovata di fronte alla necessità di mettersi davanti alla realtà cambiata con senso di responsabilità nei confronti dell’evangelizzazione perché sia efficace nell’oggi.
Il contesto in cui viviamo, fortemente e radicalmente esposto ad accelerati cambiamenti socioculturali, ci chiede il coraggio di adeguare la nostra pastorale all’oggi di Dio, senza nostalgie. Ogni parrocchia è chiamata dalla storia e dalla Provvidenza ad entrare in sinergia con le parrocchie limitrofe che appartengono ad un territorio sostanzialmente omogeneo.
È stato proprio l’evolversi della storia che ci ha condotti a questa scelta, che tuttavia affonda le sue radici negli ideali di comunione proposti dal Concilio Vaticano II e più a monte, nel Mistero della Comunione Trinitaria, modello di ogni comunità. Non si tratta quindi di una ristrutturazione territoriale della Diocesi, come fosse questione di “organizzazione del lavoro”. Si tratta di un cambiamento di rotta, che esige una conversione della mente, del cuore, delle viscere, dello spirito, facendo germinare in noi il senso comunionale caratteristico dell’essere Chiesa, Corpo di Cristo, Sposa di Cristo.
Con il sistema “Unità Pastorali” si smantella il “sistema parrocchia” come individualità autoreferenziale blindata, facendo maturare progressivamente una cultura della pastorale al plurale: “i preti e le loro parrocchie”, al posto di quella al singolare: “il prete e la sua parrocchia”; una cultura della pastorale della corresponsabilità: “Preti e Laici” rispetto a quella della sola collaborazione: “i preti e i laici collaboratori”.
Senza con ciò, ovviamente, mantellare le parrocchie, che resteranno come soggetti protagonisti delle Unità Pastorali. Si dovrà semmai esaminare attentamente il ruolo di ogni parrocchia che entra a far parte dell’Unità Pastorale, in modo che, ferma restando la identità storico culturale di ognuna, vi sia integrazione reciproca, nel segno di apporti di tutte rispetto al bene comune e alla miglior valorizzazione delle risorse di ognuna a vantaggio di tutte, con minor dispendio di energie.
Si profila di conseguenza non un impoverimento delle singole parrocchie ma un loro significativo rinvigorimento, potendo contare ognuna sulle altre».
Alcune parrocchie vicine tra loro hanno già compiuto significativi passi verso la costituzione vera e propria dell’Unità Pastorale, nella composizione dei suoi elementi essenziali. Altre si stanno appena muovendo e richiederanno la pazienza di tempi più lunghi. L’intenzione del Vescovo Zenti era quella di sancire anche con un atto formale la costituzione ufficiale quando gli elementi essenziali dell’essere Unità Pastorale siano verificati come esistenti.
La nostra Unità Pastorale di Sant'Ambrogio in Valpolicella
La storia recente delle nostre parrocchie si è mossa in questa direzione, non senza fatiche e senza incidenti. Un cambio piuttosto prematuro nella guida delle parrocchie non ha agevolato la maturazione di passi solidi, e alcune decisioni sono state accolte probabilmente come un’imposizione dall’alto. Inoltre il periodo difficile della pandemia ha ulteriormente rallentato un processo buono per sua natura, per quanto non facilmente applicabile. L’ultimo elemento di sviluppo è la nomina dei nuovi parroci e la richiesta della loro convivenza nella canonica di Sant’Ambrogio.
Essi, a differenza dei loro predecessori, sono nominati in solido parroci di otto parrocchie. In questo modo vengono di fatto unificati i percorsi precedenti di due diverse unità pastorali. Certamente già molte porte sono state aperte e molti passi compiuti, ma molti altri ne rimangono da fare. Rimane soprattutto l’impegno di rendere vivo il tessuto della corresponsabilità, nella quale ciascuno possa mettere a frutto i talenti ricevuti dal buon Dio attraverso il proprio specifico ministero.
Si spiega in questi termini il ruolo di quell’organismo chiamato “Consulta ministeriale”. È il luogo in cui i diversi ministeri a servizio delle nostre parrocchie si mettono insieme e vivono l’esperienzadel “Consiglio”, non inteso come assemblea democratica, ma come Consiglio-dono dello Spirito Santo. Non è il luogo delle decisioni, ma del discernimento. Non delle scelte operative, ma della definizione delle linee di orizzonte.
La Consulta ministeriale è composta da un numero definito di persone e si ritrova con un ritmo periodico. Nelle modalità operative ha molto in comune con l’esperienza del “Consiglio pastorale” che eravamo abituati a vivere in ciascuna parrocchia; in questo caso, la Consulta fa riferimento all’intera Unità Pastorale e porta la vocedi tutte le otto parrocchie che la compongono.
L’efficacia di questo organismo potrà darsi solo se sarà capace di attivare un contatto ciclico, in andata e in ritorno, con le singole parrocchie. Per questo è indispensabile che non ci si limiti a individuare rappresentanti delegati da ciascuna parrocchia per la Consulta, ma si mettano in atto strategie di coinvolgimento e di comunione.
Proveniamo dunque da una storia ancestrale che ci ha fatto guardare con riverenza al singolo campanile, icona di un’area sacra ben delineata quali erano le parrocchie. Il parroco era, ed era considerato, padre e padrone della sua parrocchia. Da sei-sette anni, di fronte ai travolgenti cambiamenti culturali, anche la nostra Diocesi si è trovata di fronte alla necessità di mettersi davanti alla realtà cambiata con senso di responsabilità nei confronti dell’evangelizzazione perché sia efficace nell’oggi.
Il contesto in cui viviamo, fortemente e radicalmente esposto ad accelerati cambiamenti socioculturali, ci chiede il coraggio di adeguare la nostra pastorale all’oggi di Dio, senza nostalgie. Ogni parrocchia è chiamata dalla storia e dalla Provvidenza ad entrare in sinergia con le parrocchie limitrofe che appartengono ad un territorio sostanzialmente omogeneo.
È stato proprio l’evolversi della storia che ci ha condotti a questa scelta, che tuttavia affonda le sue radici negli ideali di comunione proposti dal Concilio Vaticano II e più a monte, nel Mistero della Comunione Trinitaria, modello di ogni comunità. Non si tratta quindi di una ristrutturazione territoriale della Diocesi, come fosse questione di “organizzazione del lavoro”. Si tratta di un cambiamento di rotta, che esige una conversione della mente, del cuore, delle viscere, dello spirito, facendo germinare in noi il senso comunionale caratteristico dell’essere Chiesa, Corpo di Cristo, Sposa di Cristo.
Con il sistema “Unità Pastorali” si smantella il “sistema parrocchia” come individualità autoreferenziale blindata, facendo maturare progressivamente una cultura della pastorale al plurale: “i preti e le loro parrocchie”, al posto di quella al singolare: “il prete e la sua parrocchia”; una cultura della pastorale della corresponsabilità: “Preti e Laici” rispetto a quella della sola collaborazione: “i preti e i laici collaboratori”.
Senza con ciò, ovviamente, mantellare le parrocchie, che resteranno come soggetti protagonisti delle Unità Pastorali. Si dovrà semmai esaminare attentamente il ruolo di ogni parrocchia che entra a far parte dell’Unità Pastorale, in modo che, ferma restando la identità storico culturale di ognuna, vi sia integrazione reciproca, nel segno di apporti di tutte rispetto al bene comune e alla miglior valorizzazione delle risorse di ognuna a vantaggio di tutte, con minor dispendio di energie.
Si profila di conseguenza non un impoverimento delle singole parrocchie ma un loro significativo rinvigorimento, potendo contare ognuna sulle altre».
Alcune parrocchie vicine tra loro hanno già compiuto significativi passi verso la costituzione vera e propria dell’Unità Pastorale, nella composizione dei suoi elementi essenziali. Altre si stanno appena muovendo e richiederanno la pazienza di tempi più lunghi. L’intenzione del Vescovo Zenti era quella di sancire anche con un atto formale la costituzione ufficiale quando gli elementi essenziali dell’essere Unità Pastorale siano verificati come esistenti.
La nostra Unità Pastorale di Sant'Ambrogio in Valpolicella
La storia recente delle nostre parrocchie si è mossa in questa direzione, non senza fatiche e senza incidenti. Un cambio piuttosto prematuro nella guida delle parrocchie non ha agevolato la maturazione di passi solidi, e alcune decisioni sono state accolte probabilmente come un’imposizione dall’alto. Inoltre il periodo difficile della pandemia ha ulteriormente rallentato un processo buono per sua natura, per quanto non facilmente applicabile. L’ultimo elemento di sviluppo è la nomina dei nuovi parroci e la richiesta della loro convivenza nella canonica di Sant’Ambrogio.
Essi, a differenza dei loro predecessori, sono nominati in solido parroci di otto parrocchie. In questo modo vengono di fatto unificati i percorsi precedenti di due diverse unità pastorali. Certamente già molte porte sono state aperte e molti passi compiuti, ma molti altri ne rimangono da fare. Rimane soprattutto l’impegno di rendere vivo il tessuto della corresponsabilità, nella quale ciascuno possa mettere a frutto i talenti ricevuti dal buon Dio attraverso il proprio specifico ministero.
Si spiega in questi termini il ruolo di quell’organismo chiamato “Consulta ministeriale”. È il luogo in cui i diversi ministeri a servizio delle nostre parrocchie si mettono insieme e vivono l’esperienzadel “Consiglio”, non inteso come assemblea democratica, ma come Consiglio-dono dello Spirito Santo. Non è il luogo delle decisioni, ma del discernimento. Non delle scelte operative, ma della definizione delle linee di orizzonte.
La Consulta ministeriale è composta da un numero definito di persone e si ritrova con un ritmo periodico. Nelle modalità operative ha molto in comune con l’esperienza del “Consiglio pastorale” che eravamo abituati a vivere in ciascuna parrocchia; in questo caso, la Consulta fa riferimento all’intera Unità Pastorale e porta la vocedi tutte le otto parrocchie che la compongono.
L’efficacia di questo organismo potrà darsi solo se sarà capace di attivare un contatto ciclico, in andata e in ritorno, con le singole parrocchie. Per questo è indispensabile che non ci si limiti a individuare rappresentanti delegati da ciascuna parrocchia per la Consulta, ma si mettano in atto strategie di coinvolgimento e di comunione.